“L’alcol c’è. Il rischio di bere ogni tanto” – Il Fatto Quotidiano
Riporto di seguito alcune mie riflessioni sul tema dell’alcol alla guida e degli incidenti stradali pubblicate su Il Fatto Quotidiano del 13 gennaio 2020. Rubrica Lettere Selvagge della giornalista Selvaggia Lucarelli.
“Gentile Selvaggia,
so di scriverti con un po’ di ritardo rispetto ai fatti.
Vorrei parlarti del dramma di Corso Francia e dell’alcol.
Si, l’alcol. Il vino, rosso, bianco, il prosecco, lo spumante delle feste, la birra, lo spritz, i cocktail, gli amari, ecc. Lo dico perché a volte mi sembra che quando si parla di alcol non sia chiaro che si stia parlando di questo, non di altro. Siamo troppo abituati a parlare di una bevanda familiare quando si tratta di promuoverla (feste della birra, Vinitaly, …) e a parlare di anonimo alcol quando dobbiamo condannarlo (guidava sotto l’effetto di alcol), dimenticando che sono la stessa cosa.
Sono una psicologa psicoterapeuta, lavoro da più di quindici anni anche (e soprattutto) con persone con problemi legati alluso delle sostanze, legali e illegali. Per anni ho lavorato presso un servizio pubblico, occupandomi anche di interventi nelle scuole, nelle autoscuole, in contesti professionali “adulti”, e delle valutazioni specialistiche alcologiche ai fini dell’idoneità alla guida in seguito alla violazione dell’art. 186 del Codice della Strada (guida in stato di ebbrezza).
Non leggere questa esperienza come troppo centrata sulla problematicità. Stiamo parlando di vino, spritz, prosecco e mojito. Il confine tra la cosiddetta “moderazione” e la problematicità è molto più sottile di quanto si potrebbe immaginare.
Per esempio, quando leggi di un tasso alcolemico di 1,5 gr/l e di un conducente (di qualunque età) che guidava perché si sentiva in grado di farlo, ricorda che ci sono solo due possibilità: o era in realtà in uno stato che non permetteva minimamente di guidare oppure il suo rapporto con l’alcol, visto il livello di tolleranza individuale, andrebbe quantomeno approfondito.
Vorrei parlare del dramma di Corso Francia ma solo come pretesto.
Molte notizie di cronaca, non solo quelle che raccontano di incidenti stradali, parlano dello stato di alterazione da alcol dei protagonisti. Le reazioni a questo lato delle storie sono sempre le stesse. Delle non reazioni.
Lo si sorvola proprio, non ci si sofferma. Viene citato e in un attimo si sta già dibattendo di semafori, di illuminazione stradale, di pioggia e visibilità.
Credimi, in merito alla vicenda di Corso Francia non voglio fare la scaletta di chi ha agito meglio o peggio. E’ stata, questa come tante altre, una disgrazia, un incrocio di destini che avrebbe potuto essere evitato solo con mille irrealizzabili “se”. Quello che voglio dire è che ho paura che anche questo fatto non servirà ad accendere veramente le coscienze, che nemmeno dopo questo, o la strage dell’Alto Adige, o quelle che ancora verranno, si comincerà a parlare davvero anche di alcol.
Non per fare le ramanzine (che al massimo ognuno dovrebbe fare a se stesso), non solo attraverso l’inasprimento delle sanzioni o le quasi totalmente inutili campagne shock o informative (chi non sa che è rischioso??), ma introducendo nuovi elementi culturali in primis attraverso la comunicazione mediatica.
L’alcol c’è. In ogni statistica da lacrime, lui è presente: dagli incidenti stradali a quelli sul lavoro, dagli omicidi o crimini violenti alla violenza famigliare, ecc. Nelle sue diverse forme di consumo, cronico e problematico o “solo” occasionale e moderato, quello più subdolo perché fa sentire tutti al sicuro e con la coscienza pulita, anche quando si guida in stato di ebbrezza.
Siamo d’accordo, non è quasi mai la causa prima di un fattaccio, molte persone bevono quantità più o meno consistenti di alcol e l’esperienza dice che quasi sempre non accade nulla (o almeno, appunto, nulla di tragico).
Ma è innegabile che in certe circostanze, per lo più impreviste, inattese o esacerbate, dove sono necessari riflessi pronti, lucidità emotiva, capacità di ponderazione, aver bevuto o non aver bevuto faccia una differenza enorme sulla gestione di quel singolo istante e sull’esito di una situazione.
Certo gli imprevisti esulano dal nostro controllo ma sarebbe bello pensare di non doverne subire sempre gli effetti.
Ma con l’alcol funziona sempre un po’ così. Quasi nessuno attraversa la strada se le condizioni del traffico lo rendono un gesto rischioso, quasi tutti guidano dopo aver bevuto. E allora, che si fa con questa coda di paglia? Ci si autodenuncia? Si consegna la propria patente dopo averlo fatto perché venga buttata, come suggeriscono molti commenti social a fatti di questo genere?
Sono mille i fattori di rischio, alla guida e nella vita. Possono essere anche molto diversi da persona a persona in base alla propria storia e alla propria esperienza. Ma l’alcol da sempre accomuna (quasi) tutti, troppo presente, troppo (volutamente?) sottovalutato e per questo tacitamente accettato, su di lui dovrebbe gravare anche una responsabilità da parte della politica, completamente schiacciata tra etica e (astronomici) interessi economici.
Cosa ti sto chiedendo? Non lo so, niente credo. So Ma sarebbe importante che le persone con la posizione (e il “potere”) giusta per stimolare il pensiero iniziassero a riflettere essi stessi e a far riflettere sul ruolo sociale dell’alcol, sulla suggestione a cui siamo costantemente sottoposti e che ci porta a considerarlo scontato.
Non ce l’ho una soluzione ovviamente. Ma sarà che queste notizie non cessando di arrivare, sarà che da tre anni sono diventata mamma, sarà che continuo a mantenere la fiducia nell’intelligenza e nella sensibilità umana, ho pensato di condividere con te questi pensieri.”
Alcol e incidenti stradali.
Alcol, guida e incidenti stradali.